Nota alla sentenza della Cassazione penale - I Sez., del 30 giugno 1994 con la quale è stata dichiarata non configurabile l'ipotesi del concorso esterno nei reati associativi , specie in quelli di stampo mafioso o camorristico. In ragione, infatti, della connotazione particolare del dolo, la partecipazione non può che configurarsi a pieno titolo. Diversamente verranno a porsi eventuali attività di favoreggiamento e di agevolazione rispetto alla figura associativa oppure si realizzeranno reati a struttura distinta e separata rispetto al reato associativo agevolato o favorito.
Il breve commento alla sentenza in parola si sofferma preliminarmente sulla natura e l'origine storico-giuridica del reato di associazione mafiosa introdotto nel codice penale (art. 416 bis) dalla "Legge Rognoni -La Torre" (L. 13 settembre 1982, n. 646), come autonoma fattispecie delittuosa contraddistinta dal palese disvalore sociale evidenziato dalle organizzazioni criminali mafiose.
Segue un'interessante e sintetica illustrazione degli elementi del reato associativo, che punisce la semplice adesione al programma criminoso. Secondo quanto formulato dalla giurisprudenza e dalla dottrina, l'adesione consapevole al gruppo costituisce infatti la soglia minima del contributo fornito alla vita dell'istituzione mafiosa.
Viene poi esaminato il nodo centrale della questione, ovvero quello della configurabilità del concorso eventuale nel reato associativo da parte di soggetti estranei all'associazione, secondo le regole delineate dall'art. 110 c.p. Tale impostazione sostenuta dalla dottrina non ha trovato concorde la giurisprudenza che, da ultimo con la sentenza annotata, ha ribadito la sua posizione.
A tale riguardo vengono ritenute condivisibili le argomentazioni offerte dalla decisione nella quale si ribadisce che l'elemento psicologico consiste nel dolo specifico cioè nella consapevolezza di ciascun associato di far parte del sodalizio con la volontà di realizzare i fini propri dell'associazione di avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo nonché della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva allo scopo di commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione, o comunque il controllo, di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri.
La decisione afferma quindi la non configurabilità dell'ipotesi del concorso esterno nei reati associativi, specie in quelli di stampo mafioso e camorristico, per i reati dianzi esposti.
L'atteggiamento giurisprudenziale viene ritenuto infine apparentemente "morbido". In realtà esso può risultare più severo laddove si riconduca ogni attività criminosa alla contiguità all'associazione mafiosa.
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